
Di Pietro Giorgio Carena
Della mia ormai sepoltissima fiammatina politica, una cosa rimpiango di quel periodo: la distribuzione dei santini nelle buche.
Nessun candidato a qualsiasi consiglio comunale mai ammetterebbe di non conoscere a menadito il territorio del proprio paesello.
Rompo il tabù, e lo dico: ci sono angoli di San Mauro che scoprivo per la prima volta. ogni volta che scarpinavo con le tasche gonfie del mio faccione sorridente, da regalare alle buche sparse qua e là.
Temo che distribuire santini sia l’attività più inutile di una campagna elettorale: lo testimoniano gli scatoloni gialli, che trovavo già colmi di faccini sorridenti di avversari e alleati, finiti direttamente dalle buche alla compagnia di pubblicità di detergenti e di cibi per cani.
Scatoloni gialli, che sono la minaccia più comune dei candidati, capaci di vanificare passeggiate di ore al caldo. Lo vidi, un potenziale elettore, rincasato subito dopo il mio passaggio: orecchio al cellulare, chiavi di casa in una mano e pluf! il mio sorriso se ne andò al macero; me presente (non notato).
Di solito, non si cercano acque tranquille e ombre alberate: anzi. Si punta sugli agglomerati di case. Chi come me aveva fatto il voto di non suonare ai campanelli (rinunciando ai condomini più popolosi della città), puntava soprattutto sui piccoli borghi, senza nome, a caccia di grappoli di buche delle lettere una diversa dall’altra.
Ed era bello. Posti non turistici, disordinati, privi di ogni arredo urbano, si manifestavano con tutta una storia di progetti sedimentati dalle generazioni: qui una scala, là una porta intarsiata, o una inferriata commissionata ad un fabbro, chissà quanti decenni fa.
Sono i borghi “Segue numerazione”. Posti senza nome, senza alcuna pretesa, ma che raccontano di piccoli progetti familiari, di pretenziosità tenere, e di soluzioni spicce.
Cortiletti con mutande stese, e giochi di bambini abbandonati per merenda. Qualche vecchietto seduto su una sedia, che vede il passaggio del candidato di turno, che viene a rifornire gli scatoloni gialli della raccolta differenziata della carta. E che risponde, indulgente, al saluto.
Con il sorriso stanco di chi nemmeno andrà a votare.
Della mia ormai sepoltissima fiammatina politica, una cosa rimpiango di quel periodo: la distribuzione dei santini nelle buche.
Nessun candidato a qualsiasi consiglio comunale mai ammetterebbe di non conoscere a menadito il territorio del proprio paesello.
Rompo il tabù, e lo dico: ci sono angoli di San Mauro che scoprivo per la prima volta. ogni volta che scarpinavo con le tasche gonfie del mio faccione sorridente, da regalare alle buche sparse qua e là.
Temo che distribuire santini sia l’attività più inutile di una campagna elettorale: lo testimoniano gli scatoloni gialli, che trovavo già colmi di faccini sorridenti di avversari e alleati, finiti direttamente dalle buche alla compagnia di pubblicità di detergenti e di cibi per cani.
Scatoloni gialli, che sono la minaccia più comune dei candidati, capaci di vanificare passeggiate di ore al caldo. Lo vidi, un potenziale elettore, rincasato subito dopo il mio passaggio: orecchio al cellulare, chiavi di casa in una mano e pluf! il mio sorriso se ne andò al macero; me presente (non notato).
Però era bello. Se si evitavano i cani reazionari che ce l’avevano con me e con il mio ideale di centrosinistra, di solito esonerati dal mordermi unicamente da un cancello chiuso (ma non sempre: già raccontato....) si vedevano scorci graziosi del posto che mi candidavo a rappresentare.
Di solito, non si cercano acque tranquille e ombre alberate: anzi. Si punta sugli agglomerati di case. Chi come me aveva fatto il voto di non suonare ai campanelli (rinunciando ai condomini più popolosi della città), puntava soprattutto sui piccoli borghi, senza nome, a caccia di grappoli di buche delle lettere una diversa dall’altra.
Ed era bello. Posti non turistici, disordinati, privi di ogni arredo urbano, si manifestavano con tutta una storia di progetti sedimentati dalle generazioni: qui una scala, là una porta intarsiata, o una inferriata commissionata ad un fabbro, chissà quanti decenni fa.
Sono i borghi “Segue numerazione”. Posti senza nome, senza alcuna pretesa, ma che raccontano di piccoli progetti familiari, di pretenziosità tenere, e di soluzioni spicce.
Cortiletti con mutande stese, e giochi di bambini abbandonati per merenda. Qualche vecchietto seduto su una sedia, che vede il passaggio del candidato di turno, che viene a rifornire gli scatoloni gialli della raccolta differenziata della carta. E che risponde, indulgente, al saluto.
Con il sorriso stanco di chi nemmeno andrà a votare.
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